Oggi: le incurie pubbliche, e chi ne è causa.
Capitolo 4, pp. 90-95
Al termine dell’interrogatorio, mentre viene ricondotto in prigione, Piazza fa i nomi di alcune persone a suo dire amiche del barbiere Mora. Quest’affermazione giunge improvvisa e incongrua, come nota lo scrittore:
“Quelle nuove denunzie in aria, o que’ tentativi di denunzie volevan dire apertamente: voi altri pretendete ch’io vi renda chiaro un fatto; come è possibile, se il fatto non è?” (p. 90)
Ma gli eventi ormai corrono così. Altrettanto irragionevole è la conduzione del nuovo interrogatorio di Mora: gli viene chiesto come mai avesse offerto il vasetto di unguento a Piazza, se lo conosceva così poco, dopo che la scarsa conoscenza non è stata ritenuta motivo di dubbio nell’accogliere la versione del commissario di Sanità, che, come si ricorderà, aveva detto che Mora lo aveva incrociato per strada e gli aveva offerto l’unto. Questa incoerenza, nota Manzoni, non è segno di quei tempi: è una conseguenza della scelta, fatta all’inizio della vicenda, di seguire non la ragione, ma la rabbia e la paura, le passioni pubbliche cui dare risposta:
“Eppure, si devono naturalmente usar meno riguardi nel cercare un complice necessario a una contravvenzion leggiera, e per una cosa in sé onestissima, che a cercarlo, senza necessità, per un attentato pericoloso quanto esecrabile: e non è questa una scoperta che si sia fatta in questi due ultimi secoli. Non era l’uomo del secento che ragionava così alla rovescia: era l’uomo della passione.”(p. 92)
Manzoni si sofferma ancora sull’interrogatorio di Mora, che affronta anche un primo confronto con Piazza, restando sulla sua posizione. Qui, lo scrittore fa cenno a come la cosa fosse poi riferita allo Spinola, reticentemente e parzialmente, come per altri fatti del processo: ma Spinola, nota ancora Manzoni, aveva per la testa solo l’assedio di Casale, che per di più non gli riuscì. Qui lo scrittore propone un rapido inciso:
“Gli avevan fatto peggio, col dargli un posto a cui erano annesse tante obbligazioni, delle quali pare che a lui ne premesse solamente una: e probabilmente non gliel avevan dato che per questa.” (p. 94)
I giochi della politica in tre righe: Spinola aveva tante incombenze -tra le quali, è implicito, quella di badare alle cose di Milano-, ma gli interessava solo una cosa (l’assedio, e il suo onore di conquistatore di città); e chi gli aveva dato l’incarico, sapeva bene che a lui interessasse solo l’azione militare.
Dopo l’inciso su Spinola, la narrazione torna sugli interrogatori; tocca di nuovo a Piazza, che dichiara di avere prove del fatto di essere stato a casa di Mora. Si tratta di una novità, rispetto al confronto tra i due del giorno prima, e Manzoni la mette in evidenza, per comprenderla:
“Era venuto a fare una tal dichiarazione, di suo proprio impulso? O era un suggerimento fattogli dare da’ giudici? Il primo sarebbe strano, e l’esito lo farà vedere; del secondo c’era un motivo fortissimo.” (p. 96)